Luglio2007. E’ cominciata come nelle banlieues parigine: roghi di auto, preferibilmente quelle della polizia e dei funzionari pubblici. La protesta ne Guangxi, una provincia del sud ovest della Cina, è dilagata presto in una escalation di violenza.
Nella cittadina di Baobai decine di migliaia di persone hanno assaltato le sedi del governo locale. Sono entrati di forza negli uffici municipali, hanno distrutto, saccheggiato, incendiato tutto quello che capitava a tiro: mobili, computer, sedie. Sono affluiti rinforzi di polizia da tutta la regione, reparti speciali antisommossa hanno preso d’assedio quattro cittadine, le hanno espugnate, occupate militarmente.
Il bilancio degli scontri: cinque morti, centinaia gli arresti, un clima di terrore dove la calma apparente può incubare nuove reazioni improvvise di violenza. A scatenare questa rivolta popolare sono state le donne del Guangxi, esasperate dalla costrizione di avere un solo figlio. Il controllo delle nascite in Cina è stato varato nel 1979, da allora il figlio unico è la regola nazionale. Ma nel Guangxi la politica demografica viene applicata con metodi più odiosi che altrove. Dozzine di donne affermano di essere state costrette ad abortire sotto la minaccia delle armi, alcune all’ultimo mese di gravidanza, quando la polizia si è accorta che stavano partorendo un secondo figlio. Le ragazze madri hanno dovuto abortire alla prima gravidanza, perchè senza marito anche un solo bambino è illecito.
In altri casi di infrazione, quando il bambino era già nato, i boss locali del partito si sono presentati a riscuotere multe esose: fino all’equivalente di duemila euro, il reddito di un anno per le famiglie modeste in una ragione arretrata. Le donne non hanno accettato l’ennesimo sopruso, tanto più che le multe spesso sono un pizzo mafioso, spariscono nelle nomenclatura locale. La guerriglia del Guangxi ha costretto il governo centrale a una marcia indietro. Pechino ha mandato degli ispettori sul posto per verificare le accuse di violenze, abusi e corruzione.
Con quasi trent’anni di storia alle spalle il principio cinese del figlio unico continua a suscitare controversie. Per i militanti dei diritti civili calpesta una libertà umana fondamentale. Per i governi della Repubblica popolare è un grande successo perchè ha disinnescato la "bomba demografica". Col passare del tempo l’applicazione della regola ha conosciuto eccezioni. In certe province si chiude un occhio per i contadini poveri. Le minoranze etniche (in via di estinzione o quasi) sono esentate. I ricchi la ignorano. Loro pagano senza fatica la sovrattassa sui figli aggiuntivi, o meglio ancora vanno a farli nascere nelle lussuose cliniche di Hong Kong, dove vengono registrati su un’anagrafe separata.
Nelle grandi città come Pechino e Shangai le giovani coppie del ceto medio-alto non hanno più tanta voglia di procreare. Le donne si concentrano sulla carriera professionale, si sposano tardi. In quell’ambiente sociale sono sempre più numerose a scegliere di non avere figli, per evitare i costi crescenti di chi alleva un "piccolo imperatore" pagandogli scuole private e università di élite. In provincia è diverso. Nelle zone rurali dove abitano ancora 700 milioni di cinesi, secondo la cultura contadina i figli maschi sono una ricchezza.
La legge del figlio unico è stata subita come un sacrificio pesante. All’Inizio ha provocato diffusi infanticidi delle bambine, poi sostituiti da ecografie prenatali e aborti selettivi a secondo del sesso (il governo li ha vietati, ma una bustarella al medico aggira l’ostacolo). Col risultato che la Cina ha un pericoloso sovrappiù di giovani maschi condannati al celibato: uno squilibrio che storicamente ha caratterizzato società instabili e bellicose. Ai vertici del regime si intravedono i segnali di un ripensamento.
Il controllo delle nascite è stato così efficace che prima della metà di questo secolo la popolazione cinese si fermerà a quota un miliardo e mezzo. Poi comincerà a calare, e sopratutto a invecchiare rapidamente. Con tutti i problemi che ne seguono: crac finanziario delle pensioni, esplosione delle spese sanitarie. Nei corridoi del potere a Pechino c’è chi comincia ad auspicare una svolta. Le rivolte del Guangxi, con la pubblicità che hanno avuto sui mass media ufficiali, potrebbero accelerare il cambiamento. Alla lunga il secondo figlio diventerà una necessità sociale. E bisognerà offrire incentivi alle giovane coppie cinesi perchè siano un po’ più prolifiche.
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