Quando si parla di “occupabilità” ci si riferisce alla capacità delle persone di essere occupate, quindi di cercare in maniera attiva, trovare e mantenere un impiego. Le moderne politiche per l’occupazione sono volte a garantire un appoggio ed un aiuto concreto all’occupabilità prima ancora che all’occupazione, perché è solo creando le condizioni di scelta e di azione autonoma che si attivano meccanismi di inclusione nel lavoro e nella cittadinanza.
Nel 2003 l’occupabilità è stata definita dall’Europa come l’insieme di piena occupazione; migliore qualità e produttività del lavoro; maggiore coesione ed inclusione. L’occupabilità è perciò un obiettivo europeo, ed infatti è alla base di gran parte degli interventi cofinanziati dal Fondo Sociale Europeo, il fondo destinato alla formazione finanziata.
Uno strumento molto potente per favorire l’occupabilità è quello della formazione permanente. La formazione permanente si basa sull’assunto che per aiutare i lavoratori a rimanere competitivi sul mercato del lavoro sia necessario un percorso costante e continuo di aggiornamento, con contenuti sia tecnici che culturali in generale.
La formazione permanente è definita in Italia dall’insieme di norme e regolamenti per la cosiddetta “formazione continua”. La formazione continua viene introdotta nel nostro Paese con la legge del 19 luglio 1993 n. 236. In questa legge, vengono specificati sia gli Enti che possono finanziare la formazione continua (Ministeri, Province, Regioni), sia i soggetti che possono usufruirne.
Dopo il 1993, in Italia sono nati i voucher formativi, cioè dei percorsi di formazione finanziati da imprese ed Enti pubblici. Nel 2000, a questi elementi se n’è aggiunto un terzo, quello dei Fondi paritetici per la formazione, che possono essere attivati in seguito ad accordi tra parti sociali (come i sindacati) ed aziende.
Infine, anche l’Europa ha dato il suo contributo creando dei piani di finanziamento rivolti ai lavoratori, disoccupati ed inoccupati per consentire ai cittadini europei di restare al passo con i mutamenti produttivi e all’Europa di non perdere competitività nel mercato globale.
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