Ø Punto di svolta per la credibilità complessiva del Paese, tra crescenti attese di un reale cambiamento e lo sconforto per un “passato che non passa”;
Ø il rischio è il vanificarsi di opportunità di investimenti fondamentali per la ripresa, se non si riconquista la fiducia degli investitori esteri con cambiamenti tangibili;
Ø si normalizza la questione del debito pubblico grazie anche al 36% della quota dei titoli detenuti dai non residenti, con oneri decrescenti e un crescente peso sul mercato secondario (84%);
Ø si aggravano le contrarietà di sistema (giustizia, fisco, burocrazia, incertezze interpretative) al dispiegarsi di disponibilità estere con una forte contrazione della partecipazione estera al project financing (dal 55% al 10%), al private equity (dal 35% al 18%), alle cartolarizzazioni (da 30 a 1 Mld.)
Milano, 12 Giugno 2014. “I dati dell’annual report, sulla operatività realizzata nel 2013 dalle banche e dagli operatori esteri in Italia, evidenziano alcune luci sul riequilibrio della gestione del debito pubblico e diverse ombre sul permanere di freni strutturali ad un più efficace e consistente dispiegarsi di nuovi strumenti finanziari di sostegno all’economia.
Le valutazioni dei principali operatori finanziari esteri che investono in Italia, raccolti nei primi mesi del 2014 dal significativo campione dell’Osservatorio AIBE Index, definiscono l’attrattività del sistema Italia ancora in una situazione critica (a quota 33 in una scala da 0 a 100).
I dati reali del 2013 e l’analisi delle aspettative indicano con chiarezza che siamo nel mezzo di un punto di svolta decisivo.
O è la volta buona per avviare concretamente le riforme strutturali di sistema, piegando ritardi storici e contraddizioni politiche alla fiducia del cambiamento, per fare dell’Italia un Paese più attraente per gli operatori esteri, o la delusione che deriverebbe dall’ennesimo vanificarsi di crescenti attese sulle nuove spinte propulsive di governo rischia di portare ad un definitivo declino.
Quanto determinatosi con “Destinazione Italia”, il pacchetto di azioni rivolto agli investitori internazionali rimasto del tutto irrealizzato, senza che neppure uno dei decreti attuativi sia stato promulgato, è sintomatico delle preoccupazioni che gli operatori esteri stanno vivendo quando constatano che non si passa dagli annunci proclamatori a cambiamenti percepibili. Le nuove forti aspettative, se deluse, rischiano di ritorcersi in un contraccolpo della credibilità del sistema Italia che è ancora il punto cruciale per ogni decisione.
Le scelte degli operatori finanziari esteri sono sempre più sollecitate dalle valutazioni su scenari competitivi, ponderando dove è più opportuno allocare risorse secondo criteri standard sempre più esigenti, selettivi e discriminanti per le condizioni strutturali in cui si trova ancora l’Italia”.
Così Guido Rosa, presidente di AIBE, l’Associazione delle Banche Estere che operano in Italia, ha aperto i lavori per la presentazione del V° Rapporto AIBE sul sostegno dato nel 2013 dalle banche estere al sistema economico e finanziario italiano. Alla presentazione sono intervenuti stamani a Milano Antonio Patuelli, Presidente di ABI, e Salvatore Rossi, direttore generale della Banca d’Italia, in un convegno celebrativo del 30° anniversario della Associazione.
“Nel 2013 – ha proseguito Rosa – il vagone della finanza internazionale si è mantenuto nel convoglio Italia con disponibilità per una possibile Nuova Capacità di Attrazione Finanziaria e per una crescente attesa sulla capacità di guida del nuovo Premier Renzi. Per questa Alta Capacità di Attrazione Finanziaria è sempre più evidente che occorrono binari adatti su cui far viaggiare l’intero convoglio a ritmi più sostenuti e innovativi, altrimenti si rischia di far la fine dei nuovi treni dell’Alta Velocità ferroviaria francese che non passano su binari vecchi.
Le traversine da adattare per i nuovi binari sono quelle di tutti i settori del “pubblico”, che non sono più a sostegno dell’economia in cambiamento, anzi ne frenano ogni tentativo innovatore.
A partire dalla corruzione, che porta a ipotizzare che sarebbe meglio abbandonare ogni attenzione alle grandi «opere» per gli insopportabili inquinamenti e deviazioni che ne derivano, in una irrisolta questione morale tra le classi dirigenti e i pubblici poteri.
«La violenta lotta» alla burocrazia, annunciata dal premier, trova forte riscontro nelle valutazioni dei principali operatori finanziari internazionali, interpellati dall’Osservatorio AIBE Index laddove questo ostacolo è considerato la prima emergenza, anche superiore alla corruzione, nell’allontanare la ripresa di investimenti esteri.
Le distorsioni di un sempre più opprimente apparato burocratico-amministrativo e il potere discrezionale di interpretare norme in continua sovrapposizione sono l’habitat dove si annida la corruzione dei pubblici poteri, nella loro inadeguatezza ad esercitare il primato della politica anche nell’utilizzo di strumenti finanziari innovativi.
E’ significativo il caso dei derivati, uno strumento finanziario utile se si è capaci di utilizzarlo, come non è stato nel rapporto con gli Enti Locali, anche se alla fine i Tribunali hanno riconosciuto le ragioni di molte banche estere. Altrettanto sconfortante è constatare che in Italia si sta precludendo la via dei project financing e delle cartolarizzazioni.
I “veri” project financing sono fermi sia per la mancanza di certezze del quadro legale, normativo e delle tariffazioni, sia per l’indeterminatezza dei tempi e delle responsabilità decisionali.
Per gli operatori esteri sono difficili da accettare le incertezze interpretative della giustizia civile, che determinano sovrapposizioni di interventi arbitrari e punitivi.
Non funziona meglio il ruolo del fisco, che accompagna la già più alta pressione fiscale con interventi sempre più frequentemente retroattivi, penalizzando nella competitività (Tobin tax) ed irritando nella necessaria programmazione (intervento sull’Ires retroattiva).
Per un cambiamento profondo e radicale delle strutture pubbliche del Paese, che si realizzino e non solo si annuncino, è indispensabile un’assunzione di responsabilità diffusa.
AIBE è pronta a fare la sua parte, accettando – anzi invocando come urgenti – nuove condizioni di operatività nel Paese, e segnalando che gli investitori esteri possono sostenere e supportare opportunità di crescita che sono primario interesse del Paese realizzare. Lo possono fare ancora se si creano rapidamente le condizioni che diano certezza e affidabilità ad investimenti che concorrano a sbloccare l’Italia dalla sua stagnazione e dalle sue pesanti incertezze.
Sintesi dei principali risultati – Highlights
2013
2012
13.527 (1)
13.700 (2)
Imprese a controllo estero, che impiegano 1,2 mln. di addetti (1)
103
102
Succursali e filiazioni di banche estere a fine anno
17%
16,1%
% su totale attivo del sistema bancario italiano
32%
35%
Debito pubblico detenuto da non residenti (su consistenze di fine anno). 2013: 658 mld.
36%
40%
Titoli del debito publico detenuti da
non residenti (su consistenze di fine anno).
2013: 619 mld.
293 mld.
246 mld.
Patrimonio gestito nell’asset management
a fine dicembre (21% circa, >30% in alcuni comparti)
67%
84%
78%
66%
Prestiti sindacati e emissioni su mercato dei capitali di debito (% su emissioni nell’anno)
18%
35%
Quota di raccolta annua di provenienza estera nel mercato italiano del private equity e venture capital
10%
55%
Mercato italiano del project finance
66%
72%
Coinvolgimento nelle operazioni di M&A sul mercato italiano, in qualità di advisor (3)
69
52
Numero di società quotate in cui gli investitori istituzionali esteri detengono partecipazioni rilevanti (>=2%)
80%
73%
Investitori istituzionali su Star di Borsa Italiana di provenienza estera
67%
61%
Negoziazioni su MTS (4)
46%
49%
Mercato italiano del credito al consumo
39%
21%
39%
21%
Mercato italiano del leasing e
del factoring
Fonte: stime AIBE.
Note: (1) Dato aggiornato al 31 dicembre 2011; fonte ISTAT. (2) Dato aggiornato al 31 dicembre 2010; fonte ISTAT.
(3) Presenza di almeno un advisor estero (% su controvalore delle operazioni); (4) Valore medio ponderato come quota di mercato sugli scambi medi giornalieri, per MTS Cash e MTS PCT-Repo. Nel 2013: 84% su Cash Market, 67% PCT-Repo Market.
DATI DI SINTESI SUI RISULTATI 2013
Ø Debito Pubblico:
Lo stock di titoli del debito pubblico nei portafogli degli investitori esteri è pari, a fine dicembre 2013, a circa 618 miliardi di euro (36% del totale). Le ultime emissioni di titoli di Stato hanno visto una rilevante partecipazione dei soggetti esteri, prevalentemente investitori europei, presso i quali è stato collocato oltre il 60% del controvalore emesso.
Con riferimento al mercato all’ingrosso dei titoli di Stato sull’MTS, la quota detenuta dai soggetti esteri è storicamente molto rilevante. Nel 2013 nel comparto a pronti (cash) dell’MTS si è attestata all’84%, mentre nel comparto PCT-Repo è risultata pari al 67%.
Ø Il mercato dei capitali:
I dati sul 2013 fanno emergere un controvalore complessivo delle emissioni sul mercato dei capitali di debito e riconducibili ad emittenti italiani pari a circa 127 miliardi di euro (erano 89 miliardi nel 2012).
Nonostante nell’ultimo triennio i volumi siano rimasti al di sotto della dimensione media pre-crisi, l’operatività degli intermediari esteri si conferma molto significativa, soprattutto quella congiunta con operatori domestici. Essa è stimata attorno all’84% del controvalore, con prevalenza di operazioni nei settori Government, finanziario e Utility & Energy.
Numerose emissioni recenti di banche e large corporate italiane (Unicredit, Poste Vita, Snam, Luxottica, …) hanno ricevuto un ampio consenso dall’estero, che in diversi casi ha sottoscritto anche oltre l’80% delle quantità offerte.
C’è molto interesse attorno a queste opportunità di funding, non solo per i tassi interessanti e il livello di rischio contenuto, ma anche per i buoni fondamentali degli emittenti, che denotano una grande fiducia sulle imprese italiane.
Ø Cartolarizzazioni:
Per il clima di generale sfiducia che blocca il mercato internazionale delle cartolarizzazioni, crolla il comparto della cartolarizzazione su ABS e MBS (circa 1,8 miliardi nel 2013, poco meno di un 1 miliardo in questa prima parte del 2014), a fronte di medie pre-crisi di poco sotto i 30 miliardi. Le (poche) operazioni hanno riguardato soprattutto emittenti appartenenti al settore finanziario, macchinari industriali e trasporti, con una quota importante (78%) detenuta dai soggetti esteri.
Ø Prestiti sindacati:
Nel 2013 le operazioni di prestiti sindacati da parte emittenti italiani hanno raggiunto un controvalore di 42 miliardi di euro, di cui circa il 67% intermediati da soggetti esteri. Ne sono stati destinatari soprattutto i settori Utility & Energy, TLC e macchinari industriali.
Ø Il Project Finance:
Calo dal 55% al 10% del peso dei soggetti esteri nel comparto del project finance italiano.
Resta fondamentale il bisogno di infrastrutture e, d’altra parte, pesano ancora le incertezze legate alla ripresa industriale e alle politiche di investimento di medio lungo termine delle imprese. La finanza di progetto per potersi realizzare ha bisogno di certezza di flussi (tariffe) nel tempo e continuità delle norme applicabili (no a retroattività): questi elementi di certezza e continuità vengono spesso disattesi.
Ø Private Equity, luci ed ombre:
E’ calata la raccolta estera nel private equity (18%, circa 855 milioni di euro), ma si intravedono segnali positivi e di attenzione dai fondi internazionali, anche verso imprese di media dimensione. Il sentiment del comparto resta orientato alla prudenza, con una maggior attenzione alla gestione del portafoglio in essere.
Sul mercato dei capitali di rischio, invece, pur a fronte di una riduzione del controvalore degli scambi (10,1 miliardi di euro nel 2013, con un calo del 7% su base annua), si è registrata una decisa ripresa del numero di operazioni (triplicato).
Le 48 operazioni realizzate hanno visto una presenza molto rilevante degli intermediari esteri, per i quali stimiamo una quota di penetrazione attorno all’84%.
Assoluto rilievo rivestono poi alcuni dati che spiegano il peso degli investitori esteri nelle quotate italiane. Essi detengono partecipazioni nette pari a circa 200 miliardi (38% della capitalizzazione del listino italiano) e partecipazioni rilevanti in 69 imprese italiane quotate (erano 52 nel 2012).
In particolare su Star di Borsa Italiana, l’80% degli investitori qualificati è di provenienza estera, detenendo l’83% delle partecipazioni e, in valore, circa 2 miliardi di euro.
Tale dato è indicatore di un rinnovato interesse verso le imprese italiane di media dimensione caratterizzate da requisiti aziendali e imprenditoriali particolarmente “apprezzati”, quali le condizioni di sviluppo del business, la propensione all’internazionalizzazione e l’operatività in settori particolarmente innovativi, nonché alti livelli di compliance ai requisiti del mercato di Borsa, come la trasparenza societaria e la liquidità dei titoli.
Lo sviluppo di un solido mercato dei capitali (soprattutto di rischio) è condizione necessaria per la crescita.
Ø Advisory, il supporto alle operazioni di M&A di imprese italiane:
Nel 2013, il mercato italiano dell’M&A registra la chiusura di 381 operazioni (+41 su base annua) per un controvalore complessivo di circa 31 miliardi di euro, in crescita di 5 miliardi rispetto al dato 2012. Gli intermediari esteri sono stati coinvolti in qualità di advisor in circa i 2/3 delle operazioni di M&A realizzate sul mercato italiano nel 2013.
Circa il 43% del controvalore delle operazioni di M&A in Italia è di tipo cross-border in entrata (ovvero estero su Italia). In particolare, si rileva che nella classifica delle prime 10 operazioni per dimensione sono presenti 5 operazioni cross-border estero su Italia.
Gli advisor esteri, da soli o in pool, con operatori nazionali hanno svolto un ruolo di rilievo nell’assistenza delle imprese coinvolte nelle principali operazioni realizzate nel mercato italiano e che hanno espresso il 45% del controvalore riconducibili ad esse.
Ø Impieghi e raccolta nel sistema bancario italiano:
Nel corso del 2013, i prestiti delle banche alla clientela si sono ridotti del 9% e del 7% per le filiali di banche estere.
Il peso del “mondo estero” sui finanziamenti è complessivamente stabile rispetto agli anni precedenti ed è pari a circa il 14%, pur con rilevanti differenze per forma tecnica.
I principali player esteri attivi nel comparto retail detengono circa 189 miliardi di assets, di cui circa 2/3 in crediti verso clientela. Lo stock di mutui si attesta a circa 72 miliardi.
Un possibile maggior sostegno al finanziamento delle imprese italiane rischia di limitarsi se rimangono irrisolte le questioni dimensionali di bassa patrimonializzazione e di opacità dei bilanci.
Ø Il credito specializzato – credito al consumo, leasing e factoring:
Nel credito specializzato la quota dei soggetti esteri ha complessivamente tenuto, nonostante l’andamento molto difficile che ne ha caratterizzato i principali comparti (credito al consumo, leasing e factoring) nel corso degli ultimi 2-3 anni.
Nel 2013 il mercato italiano del credito al consumo si è ulteriormente contratto: banche e società specializzate a prevalente azionariato estero hanno rappresentato a fine 2013 il 46% del mercato (21,2 miliardi a fronte di un totale di mercato di circa 45 miliardi).
Sul leasing le quote sono rimaste sostanzialmente stabili rispetto al 2012 (6,5 miliardi, pari al 39% dello stipulato), così come per le attività di factoring, ove la quota di mercato è stata pari al 21% circa (36 miliardi di turnover).
Ø Risparmio gestito:
Nel mercato dell’asset management nel 2013 il contributo dei gestori esteri nelle gestioni collettive e di portafoglio rimane significativo: su circa 1.332 miliardi di euro gli operatori esteri gestiscono il 21% degli asset, vale a dire 279 miliardi di euro (+45 su base annua).
In alcuni comparti, inoltre, la quota è più elevata (fondi aperti, 31%; gestione di patrimoni previdenziali, 40%).
Il patrimonio gestito da gruppi di diritto estero nel comparto dei fondi pensione (aperti e negoziali) è passato – in valore assoluto – da 5,4 a 13,9 miliardi di euro da fine 2009 a fine 2013. La penetrazione di tali soggetti è altresì aumentata in termini di quote di mercato, rappresentando a fine 2013 il 37% del patrimonio totale.