Questa raccolta di poesie, (con qualche breve racconto e qualche disquisizione), nasce dal bisogno sincero e genuino, ma anche molto sofferto, di scrivere; nasce da una vita colma di sensazioni, sentimenti forgiati da una ferrea solitudine giovanile in cui la musica, soprattutto quella classica, ha avuto magistrale impero. Quella solitudine – perché no? – dove il talento giovanile soffre e per questo istintivamente viene condotto alla creazione. E’ una raccolta di pensieri intimi, ove vengono plasmati temi classici come quello dell’ intimo-patetico rapporto che ognuno di noi viene ad avere con l’altro sesso, o il tema vetusto come quello dell’ilarità suscitata nella plebe da un individuo che parla sinceramente con se stesso, o il tema delle tentazioni che distolgono il poeta dal suo intenso lavorio interiore. E’ una raccolta atipica, se vogliamo, ove ritroviamo una rimembranza della poesia passata e sepolta in un cimitero, seppure l’autore di tale quando scrisse i suoi era ancora un ragazzo prolisso verso la maturità, ma ancora radicato nel terreno dell’adolescenza, e non aveva, si può dire, esperienza per quanto riguarda la poesia vetusta e verace come la ritroviamo in Dante, in Petrarca, in Angiolieri e in tutti quei poeti ormai deceduti ed innalzati nel loro meritato podio. Ma c’è sempre una prima volta per amare l’arte.
Dalla prefazione di Giuseppe Romano, noto scrittore che ha pubblicato con Lalli Editore il suo secondo libro dal titolo: “Marsalone Rocco”:
Questa prima raccolta di poesie del giovane Alessio Romano nasce dal bisogno di introspezione del pensiero umano, sviscerandone i contenuti più intimi ed intrisi di significati, a volte ambigui, a volte di esplicita denuncia dell’effimera esistenza umana. Così come i crepuscolari dei primi anni del XX secolo, Egli guarda alla vita come un cantore e ne disegna con fervida penna le debolezze e la caducità dell’uomo, sempre alla ricerca di un perché, del come, del quando!
Alessio Romano riesce ad analizzare a fondo il momento in cui il ragazzo si sfoglia della sua pelle per donarsi alla vita dell’uomo maturo, rendendosi conto che la realtà non è quella che è, ma è il frutto di mille e di mille verità fino ad allora a lui nascoste.
Così, nel poeta traspare un’evidente dualismo, combattuto tra il vecchio ed il nuovo, tra il bene ed il male, tra le cose giuste e quelle sbagliate; ed è qui che nascono le più profonde riflessioni poetiche: “Cosa sarà mai la vita se non affanni e dolori?…Il viaggio par lungo, ma è celere e sfuggente, e quando sull’isola ferma tu arrivi, ti volti un istante, e il tempo par niente…”
Il tema del tempo, sempre sfuggente e sfuggevole, dei toni pacati e remissivi, che sembrano porre il poeta ad un’attesa lunga e tediosa, tutto ciò appare come l’immagine dell’uomo pronto ad accettare supinamente il proprio destino. Questa è un’immagine crepuscolare, in cui affiora tra le rime quasi un senso di abbandono e di morte imminente; mentre a volte assume toni decadenti, per quel sentimento di disillusione e di crisi esistenziale.
Spesso, nella sua poetica si scorge una penna inceppata dalle influenze romantiche leopardiane, ma che riesce a districarsi nella ricercatezza lessicale per approdare a nuovi ed interessanti lidi espressivi, non ancora pienamente esplorati.
In alcune poesie, come in “Impareggiabile Madonna”, l’immagine della donna è traslata alla vita, alla caducità dell’effimera esistenza. Ambiguo è il significato, ambigua l’interpretazione che si ha della donna, ma anche della vita e dell’amore, in un quadro a tinte fosche che culmina in un messaggio di speranza!
Ne “Le due fattucchiere” anche qui c’è l’ambiguo, il doppio significato riferito alla vita e alle sue più peccaminose tentazioni, un invito dell’accidia e dell’apparenza a scrollarsi di dosso l’impegno quotidiano che appare, così, superfluo. Ma in realtà non lo è!
In alcune liriche il poeta si erge a cantore delle meschinità dell’uomo moderno, senza fronzoli, né ipocrisia; si veste di colui che con umiltà raccoglie i cocci frantumati del mondo per mano dell’uomo egoista e sordo, che non vuole ascoltare i richiami accorati del poeta cantore.
Alessio Romano riesce anche ad essere intimista, a raccogliersi e scrutare la sua vita, la sua condizione di figlio lontano dal padre e vicino allo stesso tempo. Così, anche stavolta egli si sdoppia in due personalità, conflittuali tra loro.
Le poesie di Alessio Romano appaiono come il grido accorato del ragazzo divenuto uomo, dell’essere che si sveglia dal lungo letargo e scopre la vita in tutte le sue sfaccettature, in tutta la sua crudele bellezza! Appare, allora il guerriero senza tempo, che con la sola forza della ragione vuole combattere le asperità della vita, ma presto si accorge che troppo esiguo è il suo corpo per tenere testa al mostro ribelle della sconsideratezza e, quindi, non rimane che…attendere! L’attesa è l’unica speranza che traspare dalle fervide parole di Romano, come un Don Chisciotte che combatte con la sola forza dei sentimenti, più nobili e più puri.
In questo Alessio Romano appare un Argonauta senza tempo e senza fine, l’uomo che combatte gli altri, ma anche se stesso, il giovane che non s’arrende al tempo inesorabile che attraversa tutti noi come lame invisibili. Egli è un Eroe, un eroe d’altri tempi, forse incantato ed illuso, ma pur sempre un poeta che canta la vita attraverso il proprio dolore come “…Ed ora mi ritrovo a scriver tal poesia, purtroppo ancora vinto e a desirare d’essere un dì, succinto, sconfitto dalla perdizione, mi volto, rassegnato, e vado via”.
Si esprime un plauso per il giovane autore Alessio Romano, per il coraggio e la perseveranza nell’intraprendere un sentiero tortuoso e periglioso, mostrandosi ricco di talento e di ispirazione, che solo il tempo potrà pienamente plasmare le ancora acerbe ricerche dell’essere inesplorato che alberga nell’animo umano!
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