Ambiente

Dagli scarti organici alla bioplastica

A differenza delle plastiche comuni, come i combustibili fossili ed i materiali plastici ricavati dal petrolio, le bioplastichederivano da biomasse rinnovabili, grassi e olii vegetali come amido di maisgrano, ma anche da tapioca e patate.

Le bioplastiche hanno il pregio di essere biodegradabili, ossia di “scomparire” letteralmente sotto l’azione degli agenti naturali presenti nella terra o nell’atmosfera.

Questa è la sostanziale differenza dagli oggetti in plastica tradizionale, che pur avendo bassi costi di produzione, sono riassorbiti dalla natura solo dopo lunghi periodi di tempo.

La bioplastica, viceversa, si dissolve senza lasciare residui inquinanti, in un arco temporale che va da pochi giorni a 4-5 anni.

Spesso nella lavorazione dei prodotti da forno c’è una parte di scarto che viene destinata  alla nutrizione degli animali, mentre il resto viene considerato rifiuto di scarto.

Ecco arrivare  il progetto realizzato dal Technology Center di Palencia, azienda che è stata in grado di ottenere un polimero biodegradabile per poter fabbricare contenitori di plastica. Al progetto hanno preso parte quattro centri di ricerca europei con  l’obiettivo di identificare i rifiuti delle aziende che producono prodotti alimentari di cottura, per poi ottimizzare al meglio gli sprechi ed ottenenere,  dalla fermentazione l’acido lattico per produrre la bioplastica (PLA).

Inutile aggiungere che la ricerca in materia procede a pieno ritmo.

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