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Cosa sono i “Paradisi Fiscali”?

CHE COS’È UN PARADISO FISCALE? Il concetto di "paradiso fiscale" è stato negli anni passati brutalizzato e reso volgare, associato a strumenti di malaffare ed a comportamenti eccepibili sul piano morale, ancorché non perseguibili sul piano amministrativo. Tant’è che in molti Paesi dove il Fisco è predone, dove la gente onesta lavora per lo Stato anziché per la propria famiglia, mantenendo milioni e milioni di parassiti umani che mangiano e che consumano, ma che non producono nulla, ebbene in questi Paesi si è cercato (per fortuna invano) di porre un argine ed erigere un muro per impedire ai liberi cittadini di cercare rimedio e contrastare la voracità del fisco uscendo dall’ambito strettamente nazionale per rifugiarsi in luoghi sicuri, per sé e per il proprio capitale, per i propri investimenti e per il proprio futuro! Anzi, con il passare del tempo, l’utilizzo di strumenti imprenditoriali o patrimoniali alternativi si è sempre più affermato, portando liberi cittadini ed imprese a guardare aldilà del muro, e molto spesso a scavalcarlo: è il caso dei piccoli e dei grandi, che investono e producono all’estero, dalle automobili alle scarpe, dalle magliette alle lavatrici, oppure più semplicemente investono all’estero acquistando un appartamento o delle azioni. Tutti quanti costoro cercano solo alternative ad una stessa insostenibile situazione: lavorare per lo Stato! L’OCSE PUBBLICA LA LISTA NERA DEI PARADISI FISCALI PARIGI, 26 GIUGNO – L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) ha pubblicato il 26 GIUGNO una lista di 35 paesi considerati paradisi fiscali – tra cui il principato di Monaco – minacciandoli di sanzioni se entro un anno non avranno riformato il loro sistema fiscale. Il principato di Monaco non figurava sulla lista nera redatta la scorsa settimana dal GAFI, il Gruppo di Azione Finanziaria sul riciclaggio dei capitali (dipendente dall’OCSE), nonostante il giorno prima un rapporto parlamentare francese avesse indicato il regno dei Grimaldi come propizio a tali attività. I 35 paradisi fiscali sono accusati dall’OCSE di praticare una concorrenza fiscale pregiudizievole, cercando di attirare i privati e le società che vogliono evitare di pagare imposte nel proprio paese. L’organizzazione non ha indicato quali sanzioni intenda adottare. La lista comprende: Andorra Bahrein isole Cook Jersey Monaco Panama Seychelles Anguilla Barbados Dominica Liberia Montserrat Saint-Kitts e Nevis Tonga Antigua e Barbuda Belize Gibilterra Liechtenstein Nauru Sainte-Lucie isole Turk e Caicos Aruba isole Vergini britanniche Grenada Maldive Antille olandesi Saint-Vincent e Grenadine isole Vergini americane Bahamas Guernesey l’isola di Man isole Marshall Niue Samoa occidentali Vanuatu Iniziamo con una significativa citazione di Adam Starchild, guru dei paradisi fiscali, "home is where money is" (la patria è dove si hanno i soldi). E’ questa un’altra conseguenza della globalizzazione: si può anche scegliere la patria che costa meno! I Paesi off-shore, tuttavia, oggi vengono considerati come sorvegliati speciali da quelli fiscalmente più evoluti. Il timore è che servano da paravento per il riciclaggio del denaro sporco. Così, il G-8 (la società degli otto Paesi più industrializzati del mondo), l’OCSE, l’Unione europea, gli Stati uniti hanno cominciato a passare al setaccio i rapporti che intercorrono tra i propri cittadini e i paradisi fiscali. L’obiettivo è di ridurre quella percentuale tra il 2 e il 5% del prodotto interno lordo mondiale, che, secondo il Fondo monetario internazionale, sarebbe rappresentata proprio da capitali riciclati. A maggio, il Forum di stabilità finanziaria creata dal G8, ha compilato una lista dei 42 paesi offshore, dai quali passano 500 miliardi di dollari ogni anno, dividendola in tre gruppi: i Paesi che collaborano con le autorità internazionali e hanno serie regolamentazioni (tra cui Svizzera, Lussemburgo, Irlanda e isole del canale della Manica), i Paesi che hanno minore regolamentazione (Montecarlo, Gibilterra, Malta) e quelli che tendono a sfuggire al controllo internazionale (Liechtenstein, Cipro, Libano, molte isole dei Caraibi e del Pacifico). PIU’ DIFFICILE "FUGGIRE" NEI PARADISI FISCALI Nel mirino soprattutto artisti, calciatori, atleti, professionisti e imprenditori. Con una norma ad hoc inserita nella Finanziaria non sarà più sufficiente cancellarsi dalla propria anagrafe per potersi sottrarre al regime fiscale italiano.I contribuenti che lo fanno dovranno anche essere in grado di dimostrare che "effettivamente" risiedono in un altro paese e che i loro interessi economici non sono più in Italia. In pratica l’onere della prova che ora spetta al fisco con la nuova normativa spetterà al contribuente. Già l’anno scorso una circolare invitava gli uffici a effettuare indagini sui cittadini italiani che negli ultimi anni avevano trasferito la loro residenza nei paradisi fiscali. Nella rete erano caduti circa 300 Vip, ma gli uffici hanno incontrato difficoltà in alcuni casi insormontabili. Ora, l’aver portato la residenza anagrafica all’estero, ad avviso delle finanze, non costituisce più elemento sufficiente per sfuggire al prelievo: anzi, deve considerarsi «fiscalmente residente in Italia un soggetto che pur avendo trasferito la propria residenza all’estero e svolgendo la propria attività fuori dal territorio nazionale, mantenga il centro dei propri interessi familiari e sociali in Italia». Trasferirsi in un paese tropicale, lontano da nebbia e smog, si può! Basta una buona idea e qualche risparmio. Attenzione però a non sottovalutare i rischi. Qui trovate tutti i suggerimenti: www.mollotutto.com Proponiamo, per chi voglia approfondire l’argomento, la lettura della seguente normativa: – circolare Min. Fin. 140 del 24.06.1999 – DECRETO 4 maggio 1999 – Individuazione di Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato.

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