Natale è il periodo delle celebrazioni e dei festeggiamenti per la ricorrenza della nascita di Gesù. E’ un momento molto profondo, almeno così è nato e così dovrebbe essere. Invece, ogni anno, la massa che compone la nostra società, ormai del tutto globalizzata, con finte scuse religiose, si immerge repentinamente e totalmente nella mania del consumismo sfrenato, senza comprendere che in quei giorni specifici del ciclo annuale accade un evento del tutto particolare e ricco di significato, un evento cosmico che ha assunto un alto valore simbolico in tutte le popolazioni storicamente elevate e nobili, a partire dalle primissime ere primordiali.
Il Solstizio d’Inverno è un giorno che appartiene alla spiritualità di tutte le religioni del mondo, seppure in forme diverse, che non segue assolutamente nessun integralismo e settarismo di alcun tipo. L’evento è stato celebrato da molteplici nostri antenati, come ad esempio dimostrano le costruzioni megalitiche di Stonehenge, in Gran Bretagna, di Newgrange, Knowth e Dowth, in Irlanda o attorno alle incisioni rupestri di Bohuslan, in Iran, e della Val Camonica, in Italia, già in epoca preistorica e protostorica. Lo stesso fenomeno fu invariabilmente atteso e magnificato dall’insieme delle popolazioni indoeuropee: i Gallo-Celti lo denominarono “Alban Arthuan” (“rinascita del dio Sole”); i Germani, “Yulè” (la “ruota dell’anno”); gli Scandinavi “Jul” (“ruota solare”); i Finnici “July” (“tempesta di neve”); i Lapponi “Juvla”; i Russi “Karatciun” (il “giorno più corto”).
Di fatto, cosa avranno mai celebrato queste popolazioni il giorno del Solstizio d’inverno? Agli appassionati di mitologia sicuramente non è sfuggito il fatto che quasi tutti questi popoli hanno fatto coincidere col solstizio d’Inverno, come d’altronde oggi fanno i Cristiani, la nascita delle loro divinità: in Egitto si festeggiava la nascita del dio Horo e del padre, Osiride; nel Messico pre-colombiano nasceva il dio Quetzalcoath e l’azteco Huitzilopochtli; Bacab nello Yucatan; Buddha, in Oriente; Krishna, in India; Scing-Shin in Cina.
Nel giorno del Natale (inteso quindi come giorno di nascita) il Sole, nel suo moto annuo lungo l’eclittica – il cerchio che rappresenta il moto apparente del sole intorno alla terra durante l’anno -viene a trovarsi alla sua minima declinazione nel punto più meridionale dell’orizzonte Est della Terra. Precisamente si trova allo Zenit del tropico del Capricorno e manifesta la sua durata minima di luce, circa 8 ore e 50/55 minuti. Quindi, raggiunto il punto più meridionale della sua orbita e facendo registrare il giorno più corto dell’anno, riprende, da questo momento, il suo cammino ascendente. Non deve stupire che nella romanità, “pagana” ai nostri occhi, in una data compresa tra il 21 e il 25 dicembre, si celebrava solennemente la rinascita del Sole, il Dies Natalis Solis Invicti, il giorno del Natale del Sole Invitto. La ripresa del cammino ascendente del sole assume quindi molteplici significati spirituali, primo tra i quali la rigenerazione cosmica in cui il Sole e la Luce sono associati all’idea d’immortalità dell’uomo e del percorso che esso deve svolgere operando la sua rinascita spirituale. Il Solstizio d’Inverno corrisponde, pertanto, alla presa di coscienza della vera spiritualità, in quanto fine della discesa e ripresa dell’ascesa. Durante questo processo la comprensione esoterica può essere rappresentata un’illuminazione riflessa che rischiara il buio della caverna.
La rigenerazione cosmica, rappresentata simbolicamente dal Dio Sole è sempre concepita come un invito ad un lavoro interno per mezzo dell’aiuto di un maestro, di cui il Cristo Redentore è l’ultimo e più splendente esempio: una citazione splendida dice “Il Sole ritorna sempre, e con lui la vita. Soffia sulla brace ed il fuoco rinascerà“.
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