Tante persone hanno subito maltrattamenti di genere psicologico; troppe, poi, malauguratamente hanno subito pure violenze di natura fisica ovvero sessuale. Si è comunemente indotti a ritenere che chi ha provato su di sè queste terribili esperienze voglia evitare assolutamente di fare del male a sé stesso. In realtà, succede giusto l’opposto. Il ragazzo che ha subito violenze assume l’inclinazione a diventare un adulto violento, e questo è un lampante esempio di quanto ascendente possa avere l’educazione che si è avuta da giovani. Vi è stato inculcato a non avere considerazione di voi stessi e non dare attenzione alle vostre necessità. Avete imparato bene: vi conformate a quello schema che è stato perfezionato per voi. Questo canovaccio prevede che non siete degni di essere trattati bene, che siete “cattivi”, che è corretto che siate puniti. Quelle prime violenze vi privano della vostra rettitudine insita e della sensazione della vostra innata tenerezza; vi insegnano che avete un aspetto ingannevole, spaventoso, di cui dovete aver paura. Le violenze impartiscono la lezione di non aver fiducia di voi stessi, che non siete degni di intimità, sicurezza e bene. Essi sopprimono lo spirito e arginano l’abilità di prendere dei rischi. Imparate a opprimere ciò che avvertite e a manipolare gli altri per pervenire alla soddisfazione dei vostri bisogni. I maltrattamenti sono un’insegnante malvagio, creano una situazione che vede tutti perdenti, la quale a sua volta mette in moto un circolo vizioso e rischioso. A dispetto di ciò, si può rifuggire da quegli insegnamenti e il canovaccio lacerato; la condizione che vi coinvolge non deve per forza essere un vicolo cieco. Per scardinare questa spirale di crudeltà è indispensabile iniziare a rendersi conto che il canovaccio non lo avete scritto voi e che non siete tenuti ad adeguarvi a esso per forza. Non siete colpevoli dell’educazione che avete avuto da piccoli, né è un’ingiustizia a voi attribuibile il fatto di aver subito violenze. Questa crudeltà non la meritavate. Non avevate alcuna supervisione. Siete del tutto innocenti. Pure nel caso in cui foste stati dei ragazzini difficili, non dovevate incassare maltrattamenti: nessuno li merita. L’interrogativo su chi avesse torto non ha nemmeno motivo di essere formulato: ha avuto un contegno sbagliato e sgradito chi vi ha usato violenza. Decisamente. Dovete accogliere l’idea che siete stati delle vittime e che non avete di cui vergognarvi o da occultare. Non dovete perdonarvi per qualcosa che non era sotto il vostro dominio. Prendete le giuste distanze dal senso di colpa: questa colpa non è a voi imputabile. Ripetete a voi stessi tante volte: “la colpa non è stata mia!” fino a quando non lo crederete con risolutezza. Questo è il primo passo, un passo sostanziale. Il secondo passo per allontanarsi dallo schema prefissato è quello di accettare che siete buoni. A prescindere da ciò che avete fatto o che è stato fatto ai vostri danni, siete buoni. Questa bontà e insita in voi, con voi è venuta al mondo e con voi lo lascerà, a condizione che non continuiate a negarla e a respingerla. Ripetete a voi stessi: “io sono buono!” fino a che non sarete profondamente convinti. Quando avrete sicuramente fatto vostro questo giudizio, ve ne renderete conto istintivamente. Acquisirete coscienza di questa vostra delicatezza, e tale sensazione è molto importante. Fatti questi primi importanti passi, sarete pronti a purificare voi stessi dalla violenza. Questo prassi di bonifica di solito ha inizio con un sentimento di rabbia contro l’autore delle violenze. Questa stizza è utile e non va scansata. Dovete essere arrabbiati: guardate ciò che vi è stato sottratto! Per tenere a bada questa indignazione in modo attivo, forse avrete bisogno dell’aiuto di uno specialista. Dovete rivolgerla all’esterno, al di fuori di voi, ma non chiaramente contro il responsabile. Non dovete cambiarla in un contegno brutale, se non volete ricadere in un circolo vizioso. Dopo la rabbia, giunge il perdono, vi rendete conto che chi vi sottoposto a maltrattamenti da piccolo si adeguava pure lui a un canovaccio vergognoso. Con il perdono, arriva il distaccamento. Il passo finale si estrinseca nel liberarsi dal canovaccio. Siete voi gli attori principali della vostra esistenza. Lo siete pure dei vostri modi di agire. Se continuate ad angustiare voi stessi e gli altri, a questo punto sarà colpa vostra poiché avete la giusta cognizione di poter deliberare altrimenti. Fino a questo momento potreste essere stati coinvolti in un piano non organizzato da voi. Ora tutto è diverso e siete liberi di compiere le vostre scelte. Non c’è mai una buona ragione per fare violenza a se stessi. Non c’è mai la necessità di punirsi ovvero di addossarsi comportamenti votati alla demolizione. Potete amarvi, accettare il vostro lato ambiguo, perdonarvi per i vostri errori, prendere le distanze dal passato di sofferenze e proseguire a vivere la vita al meglio delle vostre abilità. Se decidete di procedere sulla strada dell’accanimento verso voi stessi e di porre in essere modi di agire distruttivi, prendete atto che ora si tratta di una vostra volontà e non si tratta sicuramente dell’effetto di un’educazione errata. Il ragazzo che è in voi è il vostro capro espiatorio, ora. Questo fanciullo merita di essere amato, di essere trattato bene, di essere preservato e di stare al sicuro. Solamente voi potete correggere ciò che il passato vi ha destinato. Quale scopo migliore ci può essere nella vita?
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