Parallelamente al boom del turismo di massa sulle coste salentine, agevolato da spiagge incantevoli e, soprattutto, da una rinnovata attenzione verso le specificità della tradizione locale, si è sviluppato anche un altro tipo di turismo, meno appariscente, più ricercato e di nicchia, ovvero il turismo rurale. Partendo dall’esempio offerto dai vigneti toscani, dove è stato lanciato e rafforzato questo tipo di turismo, anche la provincia di Lecce ha iniziato a dare avvio al recupero delle dimore rustiche e ai mestieri di una volta, aprendo le porte a facoltosi turisti (soprattutto stranieri) in cerca di una vacanza più autentica, a stretto contatto con la natura e con le tradizioni di una volta. Così la masseria in Salento è diventata il simbolo di questa nuova concezione: prodotti naturali, distese di natura, aria pulita e fuga dal chiasso e dalla calca urbana, questo è ciò che cercano gli appassionati della vacanza green.
E dire che fino a poco tempo fa il tessuto sociale salentino era spaccato in due: da una parte vi era un radicato movimento di recupero delle tradizioni popolari, che si manifestò sia a livello popolare e sia nei circoli accademici in campi più disparati come la musica (la tradizionale pizzica da cui si è sviluppato l’ormai famosissimo concerto di Melpignano “La Notte della Taranta”), l’enogastronomia, il dialetto; dall’altra parte si ponevano i detrattori della cultura popolare, quelli che in maniera un po’ elitaria e snobista si batterono perché il Salento potesse svincolarsi dalle logiche popolari, abbandonare un retaggio che, a parere loro, impoveriva un tessuto sociale già in difficoltà. Fortunatamente, possiamo dire oggi, hanno vinto i primi, la masseria in Salento è diventata la roccaforte di un movimento di recupero sempre più consolidato e nella tradizione risiede la vera forza di una realtà partita decisamente più indietro rispetto ai competitor e che oggi si è affermata come una delle regine del turismo del Bel Paese.
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