Il mercato obbligazionario europeo nel mese di novembre è stato caratterizzato da rendimenti in netto calo, che hanno seguito l’andamento dei mercati corrispondenti in USA e nella zona euro. Il crollo dei rendimenti a breve termine si è fatto sentire soprattutto in Gran Bretagna dopo che la Banca d’Inghilterra ha ridotto il principale tasso di riferimento di almeno 150 punti base. Ora, al 3,0 per cento, si trova al livello più basso mai raggiunto dal 1955. I titoli di stato inglesi a dieci anni pagano, nel frattempo, meno del 4,0 per cento. In Svezia la Riksbank è arrivata al 3,75 per cento. Si evince quindi una diminuzione dei rendimenti a qualsiasi scadenza pari a circa mezzo punto. Anche il mercato norvegese nel mese preso in esame si è mosso sulla falsariga di quello svedese. In Danimarca la banca emittente ha operato una correzione sui tassi d’interesse che erano stati aumentati. Ciò si è reso necessario per stabilizzare i tassi di cambio concordati con il sistema valutario europeo per quanto riguarda il rapporto tra euro e corona danese. L’attuale 5,0 per cento è comunque significativamente ancora ben lontano dal tasso della Banca Centrale Europea al 3,25 per cento. Per quanto riguarda il mercato dei cambi valutari si sono dovute registrare ancora forti perdite della sterlina inglese (sotto al 5 per cento) e di tutte le monete scandinave nei confronti della moneta unica europea. Persino la classica valuta a cui tradizionalmente si ricorre nei momenti di crisi finanziaria, il franco svizzero, ha perso quasi il 4 per cento rispetto all’euro. Una delle cause che ha portato a questo è stata la decisione della Banca nazionale svizzera di abbassare il tasso d’interesse di circa 100 punti base portandolo all’ 1,0 per cento.
La diminuzione dei tassi d’interesse e di conseguenza la contrazione dei rendimenti sono stati fattori che hanno segnato l’andamento dei mercati obbligazionari anche nei Paesi dell’Europa dell’Est. I movimenti più consistenti si sono avuti nel mercato obbligazionario ungherese, dopo che la banca centrale ha inaspettatamente ridotto il principale tasso d’interesse al 10,5 per cento. Ma anche in Polonia (meno 25 punti base al 5,75 per cento) e nella Repubblica Ceca (meno 75 punti base al 2,75 per cento) i guardiani delle valute hanno dovuto lasciar andare un po’ le redini. A eccezione della corona slovacca, che è in parte sostenuta dalla prossima entrata nel sistema monetario europeo, i tassi di cambi dell’intera regione geografica sono quindi finiti ancora una volta decisamente sotto pressione. Nei confronti dell’euro la moneta ceca ha perso il 7,2 per cento, lo Zloty polacco il 5,4 per cento e il Forint ungherese lo 0,7 per cento. Anche il rublo russo nel mercato dei cambi ha perso quasi il 3 per cento del proprio valore, nonostante la banca emittente russa sia intervenuta in modo massiccio sui mercati dei cambi, a sostegno della moneta nazionale. Tra le altre operazioni effettuate, ha innalzato il tasso d’interesse dal 7 per cento all’8 per cento. Non si deve dimenticare che l’economia russa è molto colpita dalla generale recessione mondiale in quanto è uno dei principali paesi produttori ed esportatori di materie prime.
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