In dicembre gli eventi sui mercati azionari internazionali sono stati segnati predominantemente da tendenze ricreazionali. Non c’é stato infatti alcun cenno di stabilizzazione e quindi hanno preso il sopravvento le notizie negative provenienti dal fronte dei risultati del settore aziendale. Gli investitori si sono però lasciati parzialmente cullare dall’ipotesi che la situazione possa migliorare, almeno nella seconda parte del 2009. I governi che hanno potuto permetterselo hanno comunque cercato di correre in soccorso delle loro deboli economie approntando piani di sostegno d’emergenza. Ed ecco quindi che il presidente americano neo eletto, Barack Obama, ha già annunciato un pacchetto di misure di sostegno per 2 miliardi di dollari, destinato a creare 2 milioni e mezzo di nuovi posti di lavoro nel giro di un paio d’anni. Malgrado ciò la FED con una mossa che non ha uguali nella storia della banca centrale americana ha abbassato di fatto il tasso di sconto tra lo 0 e lo 0,25 per cento. Anche l’Europa ha annunciato da parte sua misure che tendono a riportare almeno una certa stabilità della situazione economica e sia la Banca Centrale Europea che quella inglese hanno ridotto consistentemente i tassi degli interessi guida dai 75 ai 100 punti base. In Giappone la Bank of Japan ha deciso di abbassare il principale tasso d’interesse di riferimento dallo 0,3 per cento allo 0,1 per cento.
Anche dal fronte dei risultati mensili aziendali sono venute numerose delusioni. E’ stato soprattutto il settore dell’industria automobilistica a soffrire con forti perdite per quanto riguarda le vendite, in un generale scenario di forte debolezza economica dei mercati. E così i tre principali colossi automobilistici americani – General Motors, Ford e Chrysler – si sono ritrovati a lottare per la sopravvivenza e solo un pacchetto di aiuti d’emergenza per 17 miliardi di dollari, approvato dal presidente americano George W. Bush, è riuscito a evitare il peggio. Ma anche in Europa le aziende automobilistiche hanno dovuto ricorrere a tagli, riduzioni dell’orario di lavoro e prolungate vacanze forzate nel periodo di Natale per fronteggiare la forte riduzione di richiesta produttiva. I risultati pubblicati poi da Toyota hanno dimostrato che anche i produttori automobilistici giapponesi risentono della recessione internazionale. Sul fronte del settore finanziario poi le notizie negative hanno continuato a produrre titoloni sui giornali. Goldman Sachs infatti ha dovuto riconoscere perdite trimestrali per la prima volta dal terremoto dei mercati azionari del 1999 e anche i risultati di Morgan Stanley hanno subìto una contrazione del valore di svariati miliardi. La principale banca svizzera Credit Suisse ha annunciato pesanti tagli del personale e l’inglese HBOS ha dovuto fare i conti con correzioni dei dati del settore del credito ben superiori a quanto già previsto. Alla fine poi si è avuto anche un grosso scandalo finanziario che è andato ad agitare ancor più le acque di Wall Street. Qui la società d’investimenti dell’ex capo del NASDAQ, Bernard Madoff, ha frodato circa 50 milioni di dollari soprattutto ai suoi clienti istituzionali. Anche nuomerosi istituti finanziari europei ne sono stati danneggiati.
Malgrado tutte queste notizie certo non positive, i mercati sono riusciti a reggere con una certa relativa solidità. Mentre le perdite mensili del Dow Jones Industrial Average (DJIA) sono state solo intorno all’1 per cento circa, il DJ Euro Stoxx 50 ha fatto registrare un aumento dei corsi pari quasi all’1 per cento e l’indice Nikkei ha avuto addirittura una crescita di circa il 4 per cento. Molto interessante lo sviluppo che si è avuto nei mercati emergenti dei Paesi dell’estremo oriente. Mentre l’indice MSCI ha dovuto registrare un deficit per l’Europa dell’Est dovuto soprattutto all’andamento negativo dei mercati finanziari russi, l’indice MSCI Far East (ex Japan) ha segnato un aumento di circa il 10 per cento. Al primissimo posto nella lista delle Borse che hanno avuto risultati positivi ci sono quei mercati che finora, nell’ultima fase di recessione, avevano dovuto accettare le maggiori perdite dei corsi e cioé Indonesia, Tailandia e Cina.
No Comments Found